Pentole Antiaderenti, Teflon e Salute

Dal 2006, da quando hanno invitato gli otto principali produttori mondiali di TEFLON a partecipare a programmi di ricerca aventi lo scopo di stabilire se presentasse rischi per la salute umana non si è capito molto… diciamo che rimane la porta aperta a varie interpretazioni…

Di fatto, oggi molte case produttrici che usano il Teflon come rivestimento antiaderente hanno abbandonato da tempo questo acido PFOA, ricorrendo a processi diversi, e ne hanno fatto un claim: sono sempre di più le etichette di pentole e padelle antiaderenti che riportano la dicitura PFOA free per indicare l’assenza del controverso acido nello strato di Teflon. Se dunque già prima esso era assente nel prodotto finito, ormai non entra più neppure nelle fasi iniziali della lavorazione.

Significa che se avete padelle anti 2006, io un pò mi cagherei sotto 🙂

Poiché i PFOA vengono impiegati nella produzione di vari beni di consumo, successivamente l’Epa e L’Epsa, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, hanno stabilito delle dosi giornaliere tollerabili.

Qualche tempo dopo dissero che il Teflon è un materiale stabile a patto che non si superino certe temperature. Ossia, a temperature molto alte, che POTREBBERO essere raggiunte con la cottura di alcuni cibi…  Nel 2009 il direttore dell’Ictp del Cnr di Napoli Mario Malinconico dichiarava che le padelle antiaderenti “non sono nocive se sono prodotte secondo le normative europee e nel momento in cui vengono utilizzate correttamente”, ad esempio senza provocare abrasioni e graffi lavandole o rimestando i cibi.

Vi sfido a non averne una graffiata dopo qualche anno di uso…

Però, Stefano Montanari e sua moglie, conosciuti come i maggiori esperti di nanopatologie, si sono messi ad analizzare la patina luccicante – visibile anche a occhio nudo – che troviamo sul fondo di tutte le padelle e pentole antiaderenti. Il risultato dell’indagine è che queste microparticelle luccicanti si staccano e finiscono nei cibi. Indipendetemente dall’usura del tegame (il Teflon invece si stacca se laviamo la pentola con spugne abrasive o la graffiamo).

Andiamo bene…

Il fatto che Montanari e sua moglie non pubblichino nella letteratura scientifica e che i loro contributi scientifici siano poco o del tutto non disponibili non aiuta ad orientarsi tra i loro risultati. “Forse qualcuno si chiederà – chiarisce lo studioso – perché noi lavoriamo, ovviamente non autoinvitati, con enti come, tra gli altri, il Dipartimento di Stato USA e come mai i massimi editori mondiali di testi scientifici (es. Elsevier e Springer) ci chiedono libri interi  o contributi di capitoli per libri altrui. Per inciso, i nostri testi si trovano nelle biblioteche delle maggiori università mondiali, da Cambridge a Yale, dall’MIT ad Harvard. Naturalmente non nelle luminose accademie nostrane”.

Veniamo, allora, alle nanoparticelle evidenziate da Montanari. “Le analisi non si sono fermate a ciò che anche un occhio non esperto può vedere. Quelle particelle – solide, inorganiche, non biodegradabili e non biocompatibili – sono minerali che si staccano dal fondo a prescindere dall’eventuale uso maldestro del tegame. “Queste nanoparticelle di minerali – aggiunge Montanari – dalle composizioni più varie (in un caso i numerosissimi detriti erano costituiti da silicio-alluminio-titanio e silicio-alluminio-titanio-calcio) si staccano a prescindere dalle sollecitazioni e finiscono nelle pietanze che stiamo cucinando”.

Che fare  allora per ridurre il rischio? Una precauzione importante sarebbe scegliere quei tegami che non presentano lo strato luccicante ma che sono ugualmente antiaderenti, come ad esempio la ceramica. Ma non solo. “L’altra precauzione è di non sfiorare mai lo strato antiaderente con oggetti duri, anche di legno, perché la matrice plastica si graffierebbe comunque. In generale il mio consiglio è usare recipienti d’acciaio/ferro e basta (ndr. e olio come se non ci fosse un domani)”, conclude l’esperto.

In ogni caso, aldilà di facili allarmismi usati a scopo di propaganda politica,  il dibattito scientifico sulle nanopatologie è aperto e rimane centrato sulla ricerca dei meccanismi specifici con i quali i diversi materiali, presenti negli ambienti di vita e di lavoro siano in grado di innescare malattie diverse tra loro, anche se probabilmente legate da pochi meccanismi fondamentali, tra cui l’infiammazione cronica da corpo estraneo.

Siccome non esiste una conclusione e guardando le mie padelle troppo vecchie ho deciso di considerare l’alternativa più attuale: la pietra.

Tra tutti i marchi possibili ed immaginabili ce ne solo uno che ha recensioni solo positive: è tedesca e si chiama STONELINE

(No, non sono quelle color puffo in vendita su Mediashopping di cui alcuni si lamentano e test poco convincenti…). Beh, alle fine ho comprato il pacco da tre, le ho provate personalmente buttando le mie vecchie… e devo ammettere che è tutta un’altra cosa! La mia salute ne gioverà un sacco, anche perchè, cosa non da poco, non uso più l’olio e burro

Su Amazon trovi sia la pentola singola che tutto il Kit per i cuochi provetti (io ti dico di provarne almeno una). Se poi trovi anche qualcuno/a che cucina per te è ancora meglio 🙂

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