La PAURA di approcciare una ragazza scomparirà?

Offline Davide bRiOz

Mystery dice: “la paura dell’approccio “non svanisce mai” ed io aggiungo “ma con la pratica la gestisci benissimo”
Non c’è bisogno secondo me di fare ipnosi regressiva per scoprire il PERCHE’ pissicologico da dove tutto è iniziato… scoprire che è colpa del primo rifiuto avuto a 2 anni o perchè mi hanno picchiato gli alieni quando ho offerto da bere ad una klingoniana non mi porta a risolverlo  :P
E’ OK diventare una persona naturalmente sociale MA cancellare le VALUTAZIONI AMBIENTALI senza discriminazione, privi di qualsiasi timore anche nelle forme più piccole IMHO porta con sè dei rischi, ovvero, se c’è questo senso “della paura” ci sarà un perchè (e non cè nulla di buono a diventare come un bambino che accetta cioccolatini dagli sconosciuti  ::) )
Proviamo a non chiamarla più paura ma….. “senso di mancanza di esperienza da dover fare” 😉 che ne dici?
 

Offline Spillo

Riprendo questo discorso insieme a quello dell’altro argomento sullo stato mentale dell’approccio (serve o non serve, eccetera)
imho Mistery ha ragione e torto. la sua esperienza è che la paura non sparisce mai, ma è la sua esperienza. tu giustamente dici: e se al posto di chiamarla paura, la ri-etichetto come “senso di mancanza di esperienza”? si può fare… c’è gente che ri-etichetta la paura e chiama “divertimento” lanciarsi da un aereo.
ma allora io chiedo, perchè non rietichettare “approcciare” che comporta un “ansia da prestazione” in qualcosa di meno orientato al risultato come “attaccare bottone”. attaccare bottone non mi fa paura… piuttosto ho un po’ meno controllo, perchè se approccio faccio tutto io, mentre se attacco bottone, l’altra persona deve seguirmi o divento “logorroico”. anche logorroico è un’etichetta. ho visto un PUA fracassare le scatole ad una ragazza con canned, canned, canned,  e nemmeno la faceva rispondere. quando poi le ha chiesto il numero e di rivedersi, lei comunque gli ha detto si.
per questo dicevo che è connesso all’altro post… perchè dire che lo stato mentale non serve è una sciocchezza… ma è vero che un risultato lo avrai comunque, anche senza lo stato mentale “perfetto”.
in PNL c’è un presupposto. TUTTI i comportamenti hanno una funzione positiva. cioè, tutto quello che facciamo (comprese le sensazioni che produciamo dentro di noi) MIRANO ad un risultato positivo per noi.
secondo mistery la paura di approcciare è una “disfunzione” (disfunzione è quando la fuzione è positiva, ma il risultato è sempre negativo). secondo lui in passato quando in una comunità piccola c’erano al massimo una decina di ragazze dell’età giusta, il costo sociale di essere rifiutati da questa potevano essere ingenti. Le altre  ragazze avrebbero percepito il rifiutato di scarso valore, ed in ogni caso immaginandosi come una seconda scelta avrebbero temuto che il rifiutato avrebbe in futuro diretto le sue attenzioni su altre donne, in particolare quella che lo ha rifiutato… sarà vero?? sinceramente non lo so…
però penso che sia interessante, considerato che secondo Bandler, se conosciamo la funzione positiva di un comportamento possiamo ri-progettarlo. se per una persona la paura di approcciare è veramente quella che indica Mistery, allora basterebbe riprogettare in modo che si approcci sempre e solo lontano dai contesti sociali in cui può aversi qualche ripercussione negativa, oppure usando solo un approccio indiretto senza mai esporre la sua immagine sociale. se invece la funzione è un’altra, non servirebbe a niente.
il punto è questo: se quella paura non ha una vera e propria funzione, ma è solo un’ancora negativa… basta riancorarla. in sostanzabasta cambiare stato. ma se quella paura ha una funzione questo non può bastare. le due funzioni in contraddizione si scannerebbero.
 

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