Psicologia dello Sport e Allenamento Mentale

Davide bRiOz

Il termine sport trae origine dal vocabolo francese desport abbreviato nell’ottocento dagli inglesi in sport. Desport indica l’azione di viaggiare, di movimento con finalità di divertimento. Il fine dell’attività sportiva dovrebbe essere dunque quello di giocare, divertire. Il gioco, da cui deriva la parola sport, è un fattore fondamentale del processo di apprendimento, sviluppo e adattamento soprattutto nel periodo dell’età evolutiva.
La socializzazione è uno dei principali insegnamenti dello sport, sopratutto se di squadra. Vivere in gruppo, rispettare le regole del gioco è un’ottima palestra per migliorare il proprio rapporto con gli altri. Fare sport aumenta l’autonomia personale e la capacità di gestione del proprio tempo, il misurarsi quotidianamente con i propri limiti, inoltre, è molto importante per la formazione di una sana autoconsapevolezza di sé e di una buona autostima.
Nello sport, così come nella vita, si trascurano in gran parte gli aspetti mentali ed emotivi che potrebbero contribuire non solo alla buona riuscita della performance, ma anche al benessere dell’uomo-atleta. Se si esamina “l’ambiente” sportivo, infatti, si riscontrano ancora, in linea di massima, realtà abbastanza carenti di attenzione verso il benessere psicofisico dell’atleta.
Si incomincia a fare sport per divertimento e ben presto (ahimè troppo presto !) si pone tutta l’attenzione al risultato. L’introduzione dello psicologo dello sport nell’ambiente sportivo significa innanzitutto un cambio di prospettiva nei confronti degli obiettivi da raggiungere.
E’ sul miglioramento della prestazione ai vari livelli (fisico, tecnico, tattico, mentale) che dovrà convergere l’attenzione delle varie professionalità che si muovono attorno all’atleta per affiancarlo nel dare il meglio di sé (e di conseguenza raggiungere anche il “risultato”).
E’ necessario che i vari ruoli e professionalità (dirigenti, allenatori, preparatori atletici, medici, genitori, ecc..)imparino a lavorare e a comunicare insieme per un unico obiettivo in modo tale che all’atleta arrivino messaggi omogenei attraverso linguaggi altrettanto omogenei. Per facilitare questo è fondamentale far prendere coscienza al mondo sportivo che l’allenamento di tipo classico ormai non basta più.
Allenare il corpo è indispensabile, avere una buona tecnica di gioco è altrettanto indispensabile, avere una buona strategia è estremamente importante, ma più importante di tutto è disporre di un buon allenamento mentale, poiché gli errori quasi mai sono di natura tecnica, quasi sempre invece derivano dall’interferenza dei pensieri  e delle emozioni.
Scopo dell’allenamento mentale è quello di aiutare a scoprire come l’unità psicofisica mentecorpo possa determinare il livello della propria prestazione tenendo presente comunque che la preparazione psicologica non è un rito magico, la bacchetta magica per diventare campioni: essa permette la realizzazione delle potenzialità dell’atleta nel loro complesso, ottenibili pertanto con un costante impegno dell’allenamento fisico accompagnato da una personalità equilibrata.
Contrariamente a quanto ancora generalmente si pensa, dentro e fuori dal mondo sportivo, le abilità mentali si possono allenare, così come si possono allenare le capacità fisiche e motorie.
Ora, possiamo esaminare a grandi linee le principali abilità mentali utili nello sport.

Come si può vedere dal grafico esse sono: la formulazione degli obiettivi, la modulazione dell’arousal cioè dell’attivazione psicofisica, il controllo dei pensieri, il controllo dell’attenzione, la gestione dello stress e il controllo delle immagini.
Innanzi tutto occorre scegliere gli obiettivi.
Quali obiettivi ?
Diciamo subito che l’obiettivo non può essere il risultato ( inteso come “vittoria”), poiché in tal senso il risultato non si può allenare, mentre si può allenare la prestazione.
Infatti, quando l’unico obiettivo è il risultato, noi possiamo avere conseguenze molto negative qualora il risultato non venga raggiunto ( ed è ovvio che non possa sempre essere raggiunto !): molto spesso in tal caso c’è frustrazione, calo di motivazione, calo di autostima, ecc.. tutti aspetti psicologici abbastanza difficili poi da “recuperare”.
Se invece noi puntiamo al miglioramento di tutti gli aspetti che compongono il gesto sportivo (miglioramenti chiari e verificabili: a breve, medio e lungo termine) noi, ogni volta avremo sicuramente un obiettivo raggiunto. Se l’atleta non vince ha comunque la possibilità di verificare che qualche miglioramento di quelli che si era proposto è stato raggiunto, ad esempio: giocare meglio, rimanere concentrato, non perdere la fiducia, divertirsi. In questo modo motivazione ed autostima dell’atleta si alimentano da soli.
Non bisogna infatti dimenticare che c’è una stretta relazione tra autostima, fiducia in se stessi e prestazione.
Gli atleti che sperimentano esperienze gratificanti, hanno una elevata fiducia accompagnata di solito da pensieri positivi.
Dubbi sulle proprie capacità personali, scarsa fiducia in se stessi e tensione – se tendono a ripetersi e a diventare cronici – impediscono la piena espressione delle proprie potenzialità.
E’ fondamentale che l’atleta impari a controllare i propri pensieri per conseguire diversi obiettivi: controllo dell’attenzione, correzione degli errori, apprendimento di abilità, elicitazione di emozioni positive, incremento della fiducia in se stessi.
Occorre poi che l’atleta impari a modulare il proprio arousal . L’arousal è l’attivazione psicofisica giusta per quello sport, per quel momento della prestazione, per quell’atleta.
Occorre pertanto tendere a personalizzare la preparazione dell’atleta, poiché ci sono atleti che hanno bisogno di essere più rilassati, altri che hanno bisogno di essere più attivati. Nel caso di attivazione eccessiva o ridotta (e la possiamo vedere attraverso sintomi sia fisici che comportamentali e psicologici), la prestazione non sarà ottimale.
L’impiego delle immagini, abilità che si può apprendere ed approfondire, è alla base di diverse modalità di allenamento mentale. Alcuni atleti utilizzano spontaneamente attività immaginative per rivedere, correggere, anticipare la prestazione anche senza che qualcuno abbia insegnato loro particolari procedure.
Prima dell’esecuzione l’atleta può raffigurarsi le caratteristiche e le richieste del compito, ripetendo mentalmente le varie fasi dell’azione; durante la prestazione può ripensare ad una strategia o ad uno stimolo specifico. Al termine dell’azione può rivivere mentalmente tutte le fasi dell’azione, rilevare gli eventuali errori da correggere oppure ripetere l’esatta esecuzione per rafforzarla in memoria a lungo termine.
La prestazione sportiva richiede inoltre la capacità di mantenere l’attenzione su di un compito per una corretta esecuzione, in relazione alle richieste situazionali.
L’atleta pertanto deve imparare a: a) selezionare gli stimoli a cui rivolgere l’attenzione trascurando quelli meno rilevanti, b) spostare l’attenzione al momento opportuno verso informazioni appropriate, c) mantenere l’attenzione sugli stimoli importanti.
Lo sviluppo di un programma di allenamento appropriato include varie tecniche quali l’arresto dei pensieri, il centering, il riorientamento dell’attenzione e il rehearsal mentale e vanno comunque proposte in base alle richieste particolari della disciplina sportiva.
Una certa stabilità emotiva, con un livello relativamente basso di ansia e tensione, è una caratteristica che in generale contraddistingue gli atleti di successo.
In un programma generale di allenamento mentale, l’abilità a controllare e ad utilizzare in modo vantaggioso gli stimoli stressanti va sviluppata in sintonia con gli altri aspetti della preparazione, poiché un elevato livello di ansia (che si può manifestare sia a livello cognitivo che somatico) è nocivo per la prestazione e crea vissuti negativi di inadeguatezza e sfiducia nelle capacità personali.
http://www.lulu.com/content/568039 (In quanti altri settori della vostra vita potete applicare questi suggerimenti?)

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